L’Araldica
è il complesso di studi e ricerche riguardanti le classificazioni delle armi o
stemmi, la loro origine, il valore simbolico di forma e dimensione delle figure
interposte, dei colori. È divisa in due settori: storia degli stemmi, ossia
origine, fioritura e decadenza del loro uso; regole araldiche, ossia disciplina
della forma, delle figure, degli ornamenti degli stemmi. Riguarda lo studio dei
titoli nobiliari, la loro origine e trasmissione: libro, albero araldico. Il
nome Araldica deriva dall'araldo, cui deve la sua nascita come disciplina sul
finire del sec. XII. Con gli araldi e la compilazione dei rotoli dei tornei ebbe
origine l'uso di studiare la storia genealogica delle famiglie e le imprese che
le distinguevano, di vigilare su eventuali usurpazioni di titoli e sulla
regolarità dei blasoni, di compilare raccolte di stemmi o stemmari e registri
genealogici.
Queste
sono le fonti principali dell'Araldica, insieme ai diplomi di nobiltà e agli
atti d’investitura. Si può ricavare una preziosa documentazione anche dalle
arti figurative, da sigilli, monete, pitture, arazzi, ecc. Solo nel sec. XVII
l'Araldica acquistò caratteristiche di disciplina rigorosa, tanto da divenire
nel sec. XIX scienza ausiliaria della storia. Per cui l’araldica è la scienza
che regola e governa la composizione dell’arma o stemmi gentilizi.
Gli stemmi rappresentano l’insegna o l’emblema assunto da una famiglia o da
un’istituzione a proprio simbolo distintivo. Probabilmente traggono origine (XII
sec.) dalle insegne militari, successivamente ritoccate e trasformate dal
condottiero e adottate a simbolo della sua schiera armata e dalle insegne
personali. Ma di stemma nel significato oggi comune del termine si può parlare
solo verso la metà del sec. XII quando si fissarono i principi dell'Araldica
che regolavano, nello spirito proprio della cavalleria medievale, i modi secondo
i quali lo stemma si forma, si usa e si trasmette.
Le testimonianze storico-artistiche dell'età immediatamente precedente la
diffusione dello stemma (si parla solitamente di età pre-araldica) mostrano in
Europa un'accentuata tipizzazione delle insegne militari da cui si svilupparono
in seguito gli stemmi. Le insegne dipinte sugli scudi sono ridotte a due tipi
fondamentali: il leone per i cavalieri cristiani, segno di fedeltà alla Chiesa
di Roma, e, in opposizione, il dragone, che va inteso come simbolo del
paganesimo o d’indipendenza. Al momento della nascita dell'araldica lo stemma
assunse perciò anche precisi valori di simbologia politica che ne determinarono
gli sviluppi successivi, soprattutto ad opera delle monarchie anglo-normanne.
Enrico II Plantageneto ruppe lo schema stereotipo dello scudo (prearaldico) col
leone adottando il simbolo di due leoni passanti; i suoi figli Riccardo Cuor di
Leone e Giovanni Senza Terra adottarono lo stemma paterno – per motivi di
politica dinastica – abbandonando la consuetudine propria della cavalleria di
assumere le insegne del cavaliere da cui si era armati; con significati analoghi
lo stesso Riccardo Plantageneto modificò poi ancora il proprio stemma.
Le usanze cavalleresche in materia di tornei ebbero l'effetto di rinsaldare le
norme araldiche riguardanti gli stemmi: dovendosi rispettare precisi rapporti
gerarchico-nobiliari si pretese che ogni stemma dovesse dare un'immagine quanto
più precisa possibile di chi lo portava. La generalizzazione dell'uso degli
stemmi gentilizi portò alla fine del sec. XV alla creazione e all'adozione di
stemmi cittadini in conseguenza delle affermazioni di autonomia delle città o
dei comuni rispetto alle famiglie a cui precedentemente erano soggetti. Se
talora lo stemma adottato dalla città o dal comune può farsi risalire a
insegne militari cittadine più antiche, si hanno però anche casi in cui è
adottato lo stemma proprio degli antichi feudatari.
Altra conseguenza della generalizzazione dell'uso degli stemmi fu l'apparizione
degli stemmi cosiddetti parlanti, cioè figure che hanno il nome stesso della
famiglia, o città, o che comunque lo interpretano simbolicamente.
Parte essenziale dello stemma è lo scudo sul quale sono disposti secondo
determinate regole le varie figurazioni araldiche. Lo scudo è quella figura
destinata a ricevere gli smalti, i colori, le partizioni, gli emblemi di
un’arma gentilizia; è il campo dove sono figurate le armi. Lo scudo araldico
deriva solo indirettamente dall'arma difensiva; direttamente invece dagli scudi
che venivano esposti nelle giostre e nei tornei e sui quali erano dipinti gli
stemmi dei cavalieri partecipanti. Secondo le epoche e i Paesi si trovano usati
scudi di forme diverse, che assumono in araldica nomi specifici.
Lo scudo rotondo è detto parma, o a rotella, oppure, se di grandi dimensioni,
clipeo; lo scudo ovale è detto ancile ed è talvolta accartocciato (fu
frequentemente usato dagli ecclesiastici); lo scudo di sei lati lobati è detto
a testa di cavallo (è tradizionalmente considerato il primo scudo usato in
Italia); gli scudi rettangolari si dicono a targa se sono convessi lungo l'asse
verticale, altrimenti si dicono bandierali o a bandiera. Due sono i tipi di
scudo triangolare: a triangolo isoscele acuto, il più antico, l'altro con la
punta a forma di triangolo rettangolo, particolarmente usato verso il sec. XII
in Francia, Italia e Inghilterra. Lo scudo con la punta arrotondata, detto
rotondato o anche a cetra, forse d'origine islamica, fu usato in Spagna e in
Inghilterra; lo scudo incavato, così detto perché presenta un incavo circolare
al canton destro del capo, ha i lati alquanto arrotondati (concavi quelli
lunghi, convessi quelli corti) ed è inclinato verso destra. Scudo femminile
viene detto quello a losanga (rombo) perché proprio delle donne. Si ricorda
infine lo scudo sannitico, quadrato nel capo, arrotondato e aguzzo in punta,
detto anche moderno perché ormai divenuto lo scudo d'uso più generalizzato. Le
proporzioni esatte dello scudo sono di sette moduli in larghezza per otto
d’altezza.
Il fondo dello scudo si chiama campo e figure tutti i disegni che vi compaiono.
Le figure si possono dividere in quattro categorie principali: figure araldiche
(cioè le partizioni, le pezze onorevoli, le pezze araldiche), figure naturali
ed artificiali (secondo che rappresentino corpi esistenti in natura come
animali, vegetali, minerali, ecc., o cose prodotte dall’uomo), figure ideali o
chimeriche (cioè tutte quelle di soggetto mitologico o fantastico).
Lo scudo può essere tutto d'un colore oppure diviso in due o più colori e
smalti. Elementi accessori dello scudo, aventi però ognuno collocazione
specifica, sono l'elmo (con il cimiero) e la corona (o il cappello), indici del
grado di nobiltà del titolare dell'arme, e poi il manto, gli svolazzi o
lambrecchini, i sostegni o tenenti, il motto e altri ornamenti meno comuni.
Un‘altra parte integrante dello stemma è l’elmo. L’elmo è il
contrassegno del grado di nobiltà: a seconda del grado variano, dell’elmo, il
metallo (oro o argento), la sua decorazione, la sua posizione: posto di fronte
sugli scudi di re ed imperatori, con il decrescere del grado ruota verso destra
fino al pieno profilo.

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